“La Repubblica italiana porta nel suo dna la paura che qualcuno abbia ed eserciti il potere”.

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di Davide Giacalone 

Gli italiani non sanno votare. A Silvio Berlusconi capita spesso di dare voce, in modo diretto e talora esagerato, a quel che molti pensano e non osano dire. Il leader di Forza Italia considera tale incapacità (addirittura retrodatandola al 1948, che è cosa singolare, dato che quel voto fu di segno opposto) come la propensione a disperdere il voto fra i piccoli partiti, senza consegnare la maggioranza a uno solo e, quindi, mettendolo in grado di governare. Ma eguale sfiducia, nelle capacità degli italiani, si trova in molte analisi e parole della sinistra, sempre pronta a sostenere che se non prende la maggioranza dei voti è perché gli elettori si sono fatti abbindolare da altri. Come se gli italiani fossero tutti minorenni, o minorati. Il lato interessante di questa teoria consiste nel fatto che è priva di fondamento. E’ falsa. E’ la classe dirigente, semmai, a essere incapace.

Non è vero che negli Stati Uniti esistono solo democratici e repubblicani. Più di una corsa alla Casa Bianca è stata determinata dalla presenza di altri candidati, fuori dai due partiti, che hanno “rubato” voti a chi altrimenti sarebbe stato eletto. In Gran Bretagna sia Margaret Thatcher che Tony Blair giunsero a prendere meno del 30% dei voti, quindi meno di quel che in Italia è insufficiente a potere governare da soli. E numerosi sono gli elettori inglesi che hanno votato per candidati indipendenti o partiti che non sono mai entrati in gara o si sono ritrovati con rappresentanze parlamentari striminzite (rispetto ai voti, non pochi). Nella stessa Germania i governi di coalizione, e talora (come oggi) di grande coalizione, quindi composti dagli avversari, sono la regola, perché è raro che gli elettori diano la maggioranza a uno solo. Per non dire della Francia, dove ripetutamente il presidente, eletto direttamente, s’è ritrovato senza maggioranza in Parlamento. E così via. Gli italiani, quindi, non sono più incapaci o meno avveduti di altri. E’ che da noi gli eletti, i partiti politici, le maggioranze parlamentari non sono riuscite a stabilizzare un sistema elettorale e istituzionale che, a parità di dispersione dei voti, restituisse la stabilità e la continuità che altrove è la regola. Ci sono diverse ragioni, per cui questo è accaduto, ma darne la colpa agli elettori è solo una scusa. Patetica.

La Repubblica italiana porta nel suo dna la paura che qualcuno abbia ed eserciti il potere. E’ un tremore che si riproduce non solo in ambito parlamentare. Tale paura ha generato un vizio: pur di vincere si assemblano coalizioni che contengono i futuri traditori. O, se si vuol dirla in maniera diversa, in ciascuna coalizione si arruolano i rappresentanti degli interessi che dopo saranno contrapposti. Le ragioni storiche sono molteplici, non sto qui a ripeterle. La ragione politica è una: la maggioranza assoluta degli elettori italiani porta il proprio voto, a destra o a sinistra, a soggetti riformisti, ma questi sono incapaci di coalizzarsi fra loro per consolidare un sistema (magari presidenziale e maggioritario) capace di tirare fuori il Paese dall’immobilismo. Il tentativo è stato fatto più volte, ma è sempre abortito per egoismi e miopie. Oppure fanno accordi che nascono sotto stelle furbesche, miranti non a governare l’Italia, ma a far fuori i concorrenti.

Ora, se si sostiene che questa Italia politica è figlia legittima dell’Italia elettorale, divenendo a sua volta genitrice dell’inconcludenza istituzionale, si sostiene una tesi triste, ma veridica. Se, invece, si sostiene che avremmo una classe dirigente fantastica, ove solo gli elettori non fossero svagati, si sostiene una tesi onirica e tarocca. Per chi volesse togliersi il dubbio è sufficiente seguire il dibattito (ammesso che possa definirsi tale) sull’Unione europea e sull’euro, dove il propagandismo e la rozzezza fanno a gara a chi dice la bischerata più grossa. Con l’aggravante che al medesimo partecipano opinionisti e professori, anch’essi esibendo più sé medesimi che non i loro studi (ammesso ci siano). Poi guardi i sondaggi d’opinione e scopri che gli italiani sono più ragionevoli di tanti titoli strillati. No, direi che il problema non sono gli elettori, ma il fatto che si presenti loro una competizione fra idee e persone di trascurabile spessore.

data: 13 maggio 2014

fonte: davidegiacalone.it

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