Aldo Civico, un italiano nello staff di Obama

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Ha lavorato per Hillary Clinton e adesso è stato chiamato da Barack Obama. Aldo Civico, antropologo e giornalista trentino purosangue, fratello di Mattia (che è stato candidato alle primarie per la segreteria del Pd trentino) è entrato a far parte della squadra di consiglieri del candidato democratico per le presidenziali americane di novembre. Civico, focolarino e grande esperto di relazioni internazionali, è il direttore del Center for international conflict resolution della Columbia University di New York. La sua vita assomiglia ad un romanzo. In America dal 2000, in precedenza aveva lavorato con Leoluca Orlando ai tempi della primavera palermitana ed è stato anche corrispondente dal Trentino per la Radio Vaticana.

Professor Civico, come è arrivato a diventare collaboratore di Obama?
In aprile ho avuto un lungo colloquio con il governatore del New Mexico in merito ad una delicata mediazione con le Farc colombiane per la liberazione di tre ostaggi americani. Poi, io già collaboravo con la campagna di Hillary Clinton. Quando lei ha deciso di rinunciare, sono stato contattato dai responsabili della campagna di Obama per collaborare con loro e ho accettato.

Perché?
Perché ritengo che Obama sia la più concreta chance di grande cambiamento che l’America abbia. Lui è un grande comunicatore politico, una persona che incarna il cambiamento, non è solo un candidato, ma un vero e proprio fenomeno.

Lei lavorava con la Clinton, in cosa sono diversi?
Anche lei era una grandissima candidata. Per quanto riguarda il voto popolare lei e Obama erano alla pari, con circa 18 milioni di voti. Obama aveva una manciata di voti popolari in più, poi il partito e i cosiddetti superdelegates hanno scelto lui ritenendo di interpretare questo bisogno di cambiamento espresso dal paese.

In cosa consisterà il suo lavoro con lui?
Qui i consiglieri della campagna si chiamano anche assessori. Noi dovremo preparare dei dossier sulle materie di nostra competenza in maniera che il candidato sia preparato in occasione dei dibattiti e possa far fronte a qualsiasi evenienza. In particolare, io dovrò preparare dossier sull’area andina e sulla Colombia in particolare.

Perché hanno pensato proprio a lei?
In America non ci sono molti esperti della Colombia, io la studio fin dai tempi del mio dottorato alla Columbia university.

Che tipo è Obama? E’ simpatico?
Non posso dire di averlo frequentato tanto da poterlo conoscere. Con lui ho avuto un lungo incontro durante la convention del 2004 a Boston. E’ una persona affabile, semplice e diretta. E’ un comunicatore politico straordinario. Non c’è pericolo di annoiarsi o di addormentarsi mentre parla.

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Lei era consigliere di Hillary Clinton. Che tipo è?
Lei mi chiedeva anche in maniera informale notizie sulla Chiesa cattolica. E’ una donna molto attenta e tenace. Una grande combattente. Spesso andavo da lei in Senato e facevamo lunghe chiacchierate nel suo studio. E’ molto simpatica e sa fare anche battute spiritose. Anche lei sarebbe stata una grandissima presidente. Come del resto lo sarà Obama. Loro due hanno il merito di aver fatto riavvicinare la gente alla politica dopo i disastri dell’era di Bush.

E’ sicuro che Obama vincerà?
Ovviamente lo spero, ma lo penso. In giro si sente questa voglia di cambiamento. Per troppo tempo la gente è stata lasciata ai margini dei processi decisionali.

Se dovesse vincere, in cosa Obama sarebbe diverso da Bush?
Intanto dal fatto che ritirerà le truppe dall’Iraq.

Come è arrivato a New York?
Ci sono arrivato nel 2000 prima per imparare la lingua e poi per il dottorato. Avevo maturato fin da ragazzo la passione per il giornalismo e per le relazioni internazionali. Ho iniziato a fare il giornalista quando avevo 18 anni come corrispondente dal Trentino per la Radio Vaticana sostituendo Walter Liber, poi mi sono fatto le ossa in tutte le radio trentine e poi nel’91, mi sono trasferito a Palermo e ho lavorato come addetto stampa di Leoluca Orlando. Poi ho fatto il giornalista free lance per testate tedesche e poi sono andato negli Stati Uniti.

Come mai? Voleva cambiare vita?
Sono partito per due motivi. Il primo era legato al Movimento dei focolari, noi che viviamo nella comunità del Movimento siamo sempre disponibili ad andare dove c’è bisogno. Il secondo è proprio perché mi ero appassionato alle relazioni internazionali.

Adesso che lavora con Obama potrà entrare anche nell’amministrazione americana?
Dovrei essere cittadino americano e posso fare domanda alla fine di quest’anno.

E la farà questa domanda?
Non lo so ancora.

Lei è trentino doc, la frequenta ancora?
Ho lasciato Trento che avevo 22 anni. Adesso mi hanno offerto di insegnare ad un corso del Master di risoluzione dei conflitti alla Scuola di studi internazionali. Tra un po’ porterò con me in Colombia una ventina di giovani trentini per fargli conoscere la realtà del conflitto.

Nel 2003 ha anche subito un attentato dalle Farc mentre era a Granada, in Colombia con Leoluca Orlando al seguito del presidente Uribe. I suoi genitori sono preoccupati di questa vita avventurosa?
Ormai ci hanno fatto il callo.

tratto da: trentinocorrieredellealpi.it

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