Il rischio come leva di maturità organizzativa: uno sguardo sulle PMI italiane

di Gabriele Rossi

Chi ha avuto modo di frequentare da vicino le organizzazioni produttive italiane, soprattutto quelle di dimensione piccola e media, sa che il tema del rischio resta spesso sottotraccia. Se ne parla poco, si affronta ancora meno, come se nominarlo potesse evocarlo.

Eppure, negli ultimi anni, il rischio è diventato materia quotidiana, concreta, trasversale. Non più appannaggio esclusivo della compliance formale o dei revisori, ma parte integrante di ogni decisione strategica, di ogni relazione esterna, di ogni processo aziendale che aspiri a una qualche forma di resilienza e sviluppo.

È interessante osservare come in molti contesti – dal manifatturiero all’energia, dai servizi sanitari all’alimentare – la gestione consapevole del rischio sia ancora vista come un aggravio, e non come un investimento culturale. Eppure, sono proprio i settori più regolati, più esposti al giudizio dell’opinione pubblica e delle autorità, quelli in cui una solida governance può fare la differenza tra crescita e crisi.

Il GRC (Governance, Risk, Compliance) – se ben interpretato – non è una zavorra, ma un fattore abilitante: consente di affrontare con metodo le incertezze normative, le crisi sanitarie, i cambiamenti nel mercato del lavoro, l’innovazione digitale, il rapporto con fornitori e stakeholder, fino alla gestione della reputazione e della sostenibilità.

Ho recentemente lavorato a una ricognizione dei principali rischi percepiti dalle PMI e delle attività connesse alla loro mitigazione. Ne emergono pattern ricorrenti:

  • La mancanza di strutture legali interne espone molte imprese a sanzioni evitabili.

  • La pianificazione finanziaria è spesso assente o reattiva, lasciando le aziende fragili rispetto a crisi improvvise.

  • Il rischio reputazionale si manifesta anche in gesti minimi, ma oggi visibili a tutti: un post sbagliato, un ritardo nel customer care, una mancanza di trasparenza ESG.

  • Temi come cybersecurity, conformità ambientale, o governance dei fornitori sono ancora marginali nel day-by-day di molte realtà produttive.

Eppure, chi ha investito in queste aree oggi mostra maggiore solidità, attrattività e affidabilità. Non solo verso il mercato, ma anche verso istituzioni, banche, fondi, e naturalmente verso il sistema sanitario e regolatorio, che in alcuni settori è il primo stakeholder da presidiare.

La capacità di mappare e governare i rischi è, in fondo, la cartina tornasole di una maturità organizzativa autentica. Un linguaggio sempre più condiviso tra imprese, pubblica amministrazione e comunità finanziaria. Chi lo parla fluentemente sarà pronto a giocare partite più complesse.

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