Lobbying, fattore chiave di sviluppo delle imprese abruzzesi nel capitalismo di relazione


 

L’imprenditore è un accumulatore. Una persona in grado di accumulare tre tipi di risorse: tecnologiche, organizzative e finanziarie.
In un territorio, un’imprenditorialità che funziona è costituita da persone che incarnano e diffondono una mentalità orientata ad accumulare esclusivamente e contemporaneamente queste tre risorse. Tutto il resto – soprattutto la volontà di potenza economica allo stato grezzo – è inutile e dannoso.
Due imprese che operano nello stesso business, a parità di risorse tecnologiche e finanziarie, possono avere una, risultati positivi e l’altra, negativi. Perché? Il punto di forza della prima impresa sono le conoscenze organizzative, le competenze per governare le relazioni interne ed esterne, la sua capacità di fare lobbying, di lavorare con le teste delle persone dentro e fuori l’azienda.
Da oltre dieci anni, nella mia attività, riscontro che l’impresa che ha risultati negativi, nonostante la disponibilità di risorse finanziarie e tecnologiche, li ha per un deficit di conoscenze e capacità organizzative e di relazioni. Sono imprese dalla mentalità chiusa: faticano a lavorare con le persone interne (dipendenti, collaboratori) ed esterne (clienti, fornitori, consulenti, pubblica amministrazione, sindacati, associazioni di difesa dei consumatori e dell’ambiente, poteri politici, finanziari, elité influenti, fondazioni, mezzi di comunicazione).
In Italia, il Governo ha recentemente approvato un disegno di legge (DDL Santagata) che riconosce il diritto ad esercitare la lobbying. Il provvedimento disciplina il rapporto, improntato alla massima trasparenza, tra i gruppi di pressione e i decisori pubblici. Presso il CNEL è istituito un apposito Registro pubblico dei rappresentanti di interessi particolari.
L’Abruzzo si caratterizza per essere costituito da comunità separate (la Costituzione Italiana lo vuole plurale, gli Abruzzi) le quali ancora non sono in grado di elaborare un discorso comune che scaturisce da una piena autocoscienza dei limiti intrinseci alla regione che non favoriscono lo sviluppo delle imprese: l’incapacità a cooperare, la cultura della mezzadria (il mezzadro produce ricchezza lavorando come un solista che non sa “suonare” in un’orchestra; l’imprenditore che assorbe questa cultura dal DNA della generazione che lo precede, si comporta come “solista” e non riesce a capire che il suo vero punto di forza è crearsi gruppi equilibrati di collaboratori capaci di stimolarsi e compensarsi a vicenda), l’alto tasso di invecchiamento della popolazione residente (una delle sfide è quella di attirare giovani competenti da altre regioni con pratiche di selezione efficaci come il colloquio di gruppo, dove si chiede a cinque o sei persone di parlare di un argomento qualsiasi per notare subito quali di loro hanno il carattere giusto, perché se non si riesce a parlare con una persona come ci si può lavorare insieme?) e il forte grado di dipendenza erariale: in confronto alla Lombardia (1,4 per cento), in Abruzzo contributi e trasferimenti statali sono il 24,9 per cento dell’entrata corrente! (Cfr. “L’economia della Provincia”, Censis-UPI, 2007).
Proprio in un contesto del genere, può fare la differenza per un’impresa possedere risorse organizzative e consulenza di lobbying ed essere in grado di gestire questo tipo di risorse con la tecnologia informatica. Anche aziende di piccole dimensioni ma di mentalità aperta, hanno risolto problemi molto grandi con la capacità di gestire e non subire il cambiamento.
Gli imprenditori in gamba possiedono sempre due requisiti: intelligenza, intesa come capacità di adattamento, di capire con umiltà cosa fare per prendere in tempo buone direzioni-decisioni (e capire, anche, quando è necessario arrivare a separare la proprietà dalla gestione), e carattere inteso come coraggio, forza, will, dicono gli inglesi. Questo genere di persone di solito intuisce con immediatezza l’utilità delle pratiche di lobbying, sia dentro che fuori l’impresa.
Ma che cosa ottiene il lobbista con il suo lavoro? Dentro l’azienda è un facilitatore del coordinamento e dell’organizzazione interna: lavora sulle teste delle persone e sulle loro relazioni di comunicazione-condivisione. Nell’ambiente esterno alle imprese, lavora per ottenere decisioni del potere pubblico locale, nazionale o sovranazionale (Bruxelles), o di altri poteri, consone agli interessi leciti delle aziende che ricorrono alla sua consulenza.
Il simbolo migliore di questo lavoro è – secondo me – il jazz, i cui artisti, poiché godono di intuito speculativo, sanno rendere unica ed irripetibile ogni performance.

Pubblicato sul quotidiano IL CENTRO il 10/12/07

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