Il liberale è antiperfettista e antiutopista. Popper docet.

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di Massimo Baldini 

Il liberale secondo Popper è un fallibilista, un razionalista critico, un uomo che non crede che la verità sia manifesta o che solo pochi abbiano occhi per vederla. Il liberale è anticostruttivista perché sa che “solo una minoranza delle istituzioni sociali sono volutamente progettate, mentre la gran maggioranza di esse sono venute su, ‘cresciute’ come risultato non premeditato di azioni umane”, con buona pace del florilegio di teorie cospirazioniste che, mai come in questo momento storico, appaiono coessenziali a totalitarismi realizzati o ad una lettura delle dinamiche sociali che è incline a produrre totalitarismi. Ma oltre che anticostruttivista, il liberale è anche antistoricista, antiperfettista e antiutopista. Egli, infatti, non ritiene di avere in tasca l’itinerario della Storia, né di essere riuscito a “sbirciare le carte della Provvidenza”. Anzi, egli è convinto che non esistano leggi storiche. Per il liberale “il futuro è aperto. Esso non è predeterminato”.
Per Popper, perfettismo e utopismo sono due pericolose trappole del pensiero. L’utopismo, infatti, implica sempre la violenza e propone, alla fin fine, come ideale una società chiusa. Le proposte dell’utopista in quanto presuppongono che sia possibile conseguire una volta per tutte istituzioni sociali perfette, non abbisognano anzi non ammettono critiche e cambiamenti. Il liberale, secondo Popper, non si pone mai l’interrogativo “Chi deve comandare?”, interrogativo che invece si sono posti tutti i totalitari, da Platone a Marx, rispondendo ad esso, di volta in volta, in modo diverso: i filosofi-re, il proletariato, una razza, i tecnici etc.
La domanda che gli sta a cuore è tutt’altra: “Come controllare chi comanda?”. Per lui tutti i problemi politici sono “problemi di struttura legale piuttosto che di persone” e le istituzioni migliori sono quelle che consentono di controllare l’operato dei governanti.

Il liberale non è uno statalista (“lo Stato è un male necessario. I suoi poteri non dovrebbero essere accresciuti oltre il necessario”), ma non è neppure un anarchico (“L’anarchismo è un’esagerazione dell’idea di libertà”).

Il liberale ama la tolleranza, che egli considera “la necessaria conseguenza della convinzione di essere uomini fallibili”. Tuttavia, egli è tollerante con i tolleranti, ma intollerante con gli intolleranti. Ed è in un passaggio di questo concetto che scopriamo una lezione di grande attualità, la critica del relativismo morale che oggi piaga le nostre società occidentali, segnatamente quelle europee:

“Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.”

Il liberale ama la libertà ben più dell’eguaglianza: “Il tentativo di attuare l’uguaglianza è di pregiudizio alla libertà. E (…) se va perduta la libertà, tra non liberi non c’è nemmeno uguaglianza.”

Tuttavia, il liberale non ama la libertà perché essa, ad esempio, se applicata all’economia consente alla società di essere più ricca, più prospera, più opulenta. La ama per motivi sovraeconomici, cioè per motivi etici e non materiali. Essa, infatti, rende possibile l’unica forma di convivenza degna dell’uomo”, in quanto “è l’unica forma in cui possiamo essere pienamente responsabili di noi stessi.”

E la libertà, che è il più importante dei valori politici, va difesa con attenta assiduità, perché non è un’acquisizione permanente, in quanto può essere sempre perduta.
Il liberale, inoltre, è un liberista, ritiene cioè che libertà politica e libertà economica non siano separabili.

Il liberale ama la tradizione, ma non è né un tradizionalista né un conservatore. Egli non vuole imbalsamare il presente nel passato. Il liberale entra con la tradizione in rapporto critico, sa che essa assolve a importanti funzioni (non ultima quella di mantenimento della coesione sociale), sa che non possiamo mai liberarci completamente da essa, ma nonostante ciò non è mai disposto ad accettarla passivamente. Come scrisse un grande amico di Popper, Friedrich H. Von Hayek, “il conservatorismo vero e proprio è un atteggiamento legittimo, probabilmente necessario e, certo molto diffuso, di opposizione a drastici cambiamenti. Ma la caratteristica principale del liberalismo è che esso vuole muoversi, non stare fermo”.

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