Obama parla di sanità ma metà dell’America non lo ascolta

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Intervista a Mario Del Pero di Roberto Santoro 

Ci sono 46 milioni di americani senza copertura sanitaria, ma sono molti di più quelli che ce l’hanno e vogliono che il sistema resti così com’è. Ecco perché uno dei pilastri del mandato di Obama potrebbe trasformarsi nella sua tomba. Nel frattempo i repubblicani, se pure penalizzati dalla mancanza di un vero leader, tornano a farsi sotto grintosi. Ne parliamo con Mario del Pero che insegna Storia americana all’università di Bologna. 

Sulla sanità Obama ha detto che “è tempo di agire”
Il discorso al Congresso in realtà è stato un discorso al Paese. Obama sta cercando di evitare gli errori commessi dai Clinton nei primi anni Novanta. Fino adesso non aveva gestito direttamente la questione, delegando al Congresso e alle quattro commissioni competenti – soprattutto a quella finanza del Senato – il compito di trovare un compromesso.

Che non è arrivato

Forse ci riuscirà il senatore Bacus in commissione finanza, ma è vero, il Congresso non è riuscito a trovare una via mediana perché è diviso, la maggioranza democratica è molto indisciplinata e poco coesa. Per questo Obama ha deciso di prendere direttamente la questione nelle sue mani rivolgendosi agli americani.

Lo ascolteranno?
Almeno per il momento l’opinione pubblica non sembra disponibile a sostenere i progetti più ambiziosi e radicali che erano stati presentati all’inizio del mandato.

Perché Obama sta incontrando tutti questi problemi?
La sanità americana è un guazzabuglio costosissimo – noi questo aspetto non lo capiamo appieno – un sistema straordinariamente efficace per una parte della popolazione, come il Medicare per gli anziani, che funziona benissimo. In America un docente universitario ha quasi sempre le cure dentistiche gratuite e può essere curato negli ospedali universitari che sono tra i migliori del mondo…

Come dire che a loro la riforma non interessa
C’è un pezzo d’America che è pienamente  soddisfatto dell’attuale sistema sanitario – ed è un pezzo di America che vota (i pensionati, gli anziani, la upper e la middle class) e che pesa politicamente di più. C’è anche un altro pezzo di America che è insoddisfatta e ha mille ragioni per esserlo, e poi c’è un pezzo d’America minoritario ma corposo che non ha nessuna forma di tutela sanitaria – ma sono i poveri disgraziati, quelli che non votano, che non hanno una reale capacità di mobilitazione e di lobbying. Quando noi europei pensiamo al sistema sanitario americano ci sembra una tragedia, in realtà per una buona metà dell’America non lo è, anzi è tutto il contrario.

Sembra un paradosso
E’ un sistema che offre forme di copertura estrema a una parte della popolazione e lascia altri 46 milioni di americani senza nessuna garanzia di essere curati.

Cos’è che non funziona?
La General Motors ha avuto tanti problemi perché, pur di garantire gli standard ottenuti dal sindacato sulla copertura sanitaria, doveva pagare 6.500 dollari l’anno per ogni lavoratore. Così GM ha trasferito parte della sua produzione nello stato dell’Ontario in Canada dove i contributi da versare erano di 800 dollari. L’insostenibilità del sistema sanitario americano è in queste cifre: assorbe il 16 per cento del PIL, quando in Svezia è il 6 per cento. Il sistema non poteva reggere e GM è colata a picco.

La Palin dice che vuole meno “stato”, più mercato, una riforma centrata sul paziente e sui risultati. I repubblicani la spunteranno?
Detta molto rozzamente, i repubblicani hanno sentito l’odore del sangue. Negli ultimi mesi erano stati costretti ad una posizione difensiva e adesso, improvvisamente, si trovano in mano una issue politicamente vincente, anche in vista delle elezioni di mid-term dell’anno prossimo. 

Eppure sembravano disposti al compromesso
All’inizio erano favorevoli a trovare qualche forma di accordo ma poi si sono tirati indietro. Le dico cosa mi ha sorpreso davvero di tutto questo dibattito, che naturalmente è anche una discussione ideologica: nei mesi passati abbiamo visto una amministrazione che interveniva come non accadeva da decenni nella Storia americana, abbiamo visto un presidente degli Usa licenziare l’amministratore delegato di GM, dirgli qual era il tipo di macchine che avrebbe dovuto costruire…

Un’ingerenza del pubblico impensabile negli Stati Uniti degli ultimi decenni

E’ per questo che io ed altri osservatori abbiamo percepito un “cambio di paradigma” culturale: dopo trent’anni di smantellamento e delegittimazione del pubblico – per cui il governo era il problema, non la soluzione – ecco che il pubblico tornava ad essere la risposta giusta. Non mi sarei mai aspettato che il dibattito sulla sanità mettesse in discussione questo nuovo paradigma in corso di costituzione.

L’ex ministro del lavoro di Clinton, Robert Reich, sostiene che Medicare dovrebbe essere ampliato per favorire la concorrenza tra le assicurazioni private
In effetti negli Stati Uniti le assicurazioni private esercitano una condizione di oligopolio, un po’ come avviene in Italia con le RC auto. Il nodo è tutto qui: aprire alla competizione, dare un’alternativa sussidiata – magari non onnicomprensiva nelle forme di tutela che può garantire – ma comunque alternativa. Medicare è una gran bella cosa ma costa tantissimo, non è possibile universalizzarlo perché garantisce cure eccellenti agli anziani e la popolazione americana sta invecchiando.

Se la riforma sanitaria fallisce che succede al sogno di Obama?
E’ un momento molto difficile per il presidente. I democratici si sono dimostrati fragili, privi di una vera leadership congressuale. Reid e la Pelosi non riescono a tenerli a bada. E’ chiaro che il radicalismo di Bush gli ha dato un’unità di facciata che non avevano da molti anni. Ma la vecchia partizione tra democratici conservatori, Blue Dogs, il Sud, i liberal, rimane più attuale che mai.

Insomma una sconfitta sarebbe pagata cara dal presidente
Molto cara, ma ancora di più dai democratici. La prospettiva a questo punto sarebbe una pesante sconfitta nel 2010 e un Obama costretto a governare con una maggioranza fragile. L’unica ragione di ottimismo è che, dall’altra parte, non sembrano emergere grandi figure in grado di opporsi al presidente. Se l’unica voce del Gop è ancora la Palin i repubblicani non andranno molto lontano.

tratto da: loccidentale.it

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