Magdi Cristiano Allam

magdi_cristiano.jpg«Il Papa mi ha fatto il regalo più bello che potessi ricevere, e ora qualcuno vuole che me ne vergogni. Ma se attaccano me è per attaccare lui. Mi spiace, la logica dei taglialingua non prevarrà».

La notizia ha fatto letteralmente il giro del mondo. L’eco della conversione al cattolicesimo di Magdi Allam, avvenuta nella basilica di San Pietro al termine della veglia pasquale per mano di papa Benedetto XVI, è rimbalzata dalla Cnn alla Bbc, dal New York Times al Jerusalem Post. Le immagini del vicedirettore del Corriere della Sera con il capo chinato dinanzi al fonte battesimale hanno lasciato di stucco il pianeta e commosso il popolo dei fedeli. Subito si è scatenata una ridda di riflessioni, commenti, interpretazioni. E, inevitabilmente, sono arrivate anche feroci critiche. Il giornalista italiano di origine egiziana, ex allievo dei salesiani del Cairo e fino alla Pasqua di quest’anno musulmano non praticante, la notte fra il 22 e il 23 marzo era seduto in prima fila, al cospetto del Santo Padre, accanto ad altri sei catecumeni preparati dal vicariato di Roma a ricevere il Battesimo, la Prima Comunione e la Cresima. Gli abbiamo chiesto di ripercorrere per Tempi quelle intense ore.
«Sono stato tesissimo, dal primo istante sino alla fine della veglia. Ad un certo punto ho dovuto chiedere al cerimoniere di guidarmi nei movimenti. Avevo letteralmente perso il senso dell’orientamento. È stato il giorno più bello della mia vita. In quelle tre ore si è azzerato tutto. Due amici religiosi mi hanno scritto un messaggio di affetto e solidarietà dicendomi che non stavo vivendo solo la mia prima Pasqua, ma anche il mio primo Natale. Una nuova nascita. Non a caso, infatti, ho scelto il nome Cristiano. È quello che meglio rappresenta la mia scelta. Mi sono anche informato su chi fosse san Cristiano, e ho scoperto che era un vescovo vissuto attorno all’anno 1000 che si impegnò nell’evangelizzazione della Prussia ed ebbe la caratteristica di mantenere ancorati alla sua persona i valori ai quali credeva nonostante l’esito incerto della sua missione. Proprio questa coerenza mi ha convinto ulteriormente della bontà della mia decisione. Essere lì vicino al Santo Padre e ricevere da lui i sacramenti è stato un dono immenso, il più bello che potessi ricevere. Io sono da sempre affascinato dalla figura di Benedetto XVI. Sono orgoglioso di essere stato uno tra i pochi giornalisti che scrivono sulla stampa nazionale italiana a difenderlo strenuamente e con forza dopo il suo discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006. E si badi bene, io non l’ho difeso solo in virtù del suo legittimo diritto di parola, bensì sostenendo pienamente i concetti da lui espressi in quell’occasione. Un discorso nel quale aveva, a mio avviso, correttamente rappresentato la realtà, valutandola sul piano scientifico e storico. È stato per me un evento bellissimo, una gioia immensa che mi accompagna ancora oggi. Mi rendo conto che, in assoluto, è l’evento storico della mia vita».
 

A farle da padrino l’onorevole Maurizio Lupi, deputato di Forza Italia ma soprattutto esponente di Comunione e liberazione, il movimento ecclesiale fondato da don Luigi Giussani.

Cosa rappresenta per lei Cl?
Io credo di dovere tantissimo a Comunione e liberazione perché è all’interno di quell’ambiente che ho trovato un solido riferimento sul piano dei valori, e un modello sul piano educativo. Ho tanti amici ciellini. Per cinque anni ho partecipato al Meeting di Rimini e ogni volta la mia vicinanza è diventata più tangibile e concreta. Condivido gli stessi valori e la loro concezione etica della vita. Sono affascinato dal criterio che offrono, dall’approccio in base al quale è l’esperienza educativa il fondamento della crescita della persona. Più in generale condivido la considerazione dell’esperienza dell’incontro come fondante della crescita interiore degli uomini. Comunione e liberazione è la mia casa dei valori.

Entrerà nella fraternità di Cl?

Proprio perché non credo che entrare a far parte di Cl sia un qualcosa che possa essere associato all’ingresso in un circolo culturale o in un’associazione, ritengo doveroso che ci sia un dialogo, un confronto, e una chiarezza sull’insieme di tutto ciò che significa aderire al movimento, per poter poi assumere in modo consapevole, responsabile e costruttivo una decisione in tal senso.
Quali sono stati gli incontri che le hanno permesso di percorrere la strada della conversione?
Sono molte le esperienze che ho incontrato, dai semplici religiosi come suor Maria Gloria Riva e don Gabriele Mangiarotti ad alti prelati come il cardinale Tarcisio Bertone e monsignor Luigi Negri. Su tutti però voglio ricordare monsignor Rino Fisichella. Una persona che mi ha moralmente convinto. A lui io mi sono aperto e confidato. Le sue posizioni sono molto vicine a quelle di Benedetto XVI. Lui mi ha preso per mano e portato sino alla conversione della notte di Pasqua. Gli sono grato, è un uomo di grande fede e immensa umanità.

Quanto ha influito in questa sua scelta la nascita, nove mesi fa, di suo figlio Davide e ancora prima l’incontro con sua moglie, Valentina Colombo?
Io direi che loro rappresentano per me delle certezze assolute sul piano del primato dei valori. Sono entrambi un riferimento umano che mi ha permesso di rimanere saldo e andare avanti senza tentennamenti. Valentina è una donna straordinaria per la sua umanità e per l’amore di cui è capace e al tempo stesso è una persona di grande spessore etico e intellettuale. La nascita di Davide è stato un dono divino che ci è stato concesso. È arrivato in tarda età per noi, lo auspicavamo ma non lo aspettavamo. Lui ha suggellato un’intesa che reggeva su basi solide e ha rappresentato la nostra risposta a tutti coloro che oggi sono titubanti nei confronti del futuro, che vivono in un contesto di relativismo etico. Davide è stato battezzato circa due mesi fa da monsignor Luigi Negri.

Accanto alle tante testimonianze di affetto e di stima che ha ricevuto, sono uscite sul suo conto anche critiche molto pesanti. Anche alcuni dei 138 intellettuali e leader religiosi musulmani firmatari della recente lettera aperta al Papa per promuovere la pace mondiale, ricevuti in Vaticano a febbraio, hanno criticato il modo in cui è stata celebrata la sua conversione. Aref Ali Nayed, direttore del Centro di studi strategici islamici di Amman, in Giordania, figura chiave del gruppo, ha dichiarato che la sua pubblica conversione è stata un atto «deliberato e provocatorio», ha chiesto addirittura alla Santa Sede di «prendere le distanze» dalle sue posizioni. Come risponde?
Dalle dichiarazioni rilasciate si conferma innanzitutto che questi signori sono tutt’altro che moderati. Disconoscono la legittimità di una libera scelta sul piano della fede e il diritto-dovere del Santo Padre di somministrare i sacramenti cristiani a chi liberamente e coscientemente ne fa richiesta. Le loro parole esprimono una totale e grave insensibilità, nonché una fragrante interferenza negli affari interni della Chiesa. Come si permettono di esigere dal Papa una dissociazione rispetto al mio pensiero? Queste sono intimidazioni di stampo mafioso, che non dovrebbero minimamente far parte di un dialogo tra persone che si considerano civili e che vorrebbero concordare insieme le basi della civiltà umana.

autore: Fabio Cavallari

fonte: tempi.it

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